Pranayama





PRANAYAMA
(Appunti e Spunti)
Dispensa liberamente tratta da testi e articoli vari ad uso interno dei partecipanti di Respiro &  Risate©
Autore Oreste Gopala Gallone






L’IMPORTANZA DELLE PRATICHE RESPIRATORIE

Una caratteristica che differenzia la funzione respiratoria da tutte le altre funzioni vegetative dell’organismo, (quali quella del cuore e della digestione) è di poter essere sia spontanea e inconsapevole, che volontaria. In effetti noi respiriamo continuamente, anche durante il sonno, per lo più senza esserne coscienti, e possiamo nello stesso tempo intervenire sul nostro respiro per modificarne l’ampiezza, la localizzazione, il ritmo e la durata delle varie fasi.
La straordinaria importanza che lo Yoga dà alle pratiche respiratorie, vedi il Pranayama come lo Svara yoga, dipende dal fatto che il respiro riflette momento per momento il nostro stato psico-fisico, e varia in relazione ad esso: il respiro cambia a seconda della condizione generale del nostro corpo, della nostra attività fisica e del nostro stato mentale. È noto che le emozioni, come ad esempio la collera, la paura, la gioia, influenzano l’andamento del nostro respiro, variandone particolarmente la profondità e il ritmo; d’altra parte il fatto di respirare in un determinato modo rinforza l’emozione corrispondente.
Ritroviamo con particolare evidenza nel caso della respirazione il principio fondamentale dello Yoga: le diverse componenti della nostra personalità si influenzano a vicenda, e noi possiamo agire su una di esse per modificare anche le altre. Oggi sono ben note le scoperte della medicina psicosomatica ed è comunemente accettato il fatto che la mente possa mantenerci sani o farci ammalare; di solito non si mette abbastanza in rilievo il fatto che anche il corpo, e in particolare il respiro, possono influire sulla mente. Un respiro calmo calma la mente, un respiro agitato agita inevitabilmente anche la mente.
Questo fatto è una delle più grandi scoperte degli antichi ricercatori ed è alla base della disciplina del controllo del respiro.
Prima di parlare di tecniche di controllo, però, è necessario rivolgere l’attenzione al respiro spontaneo: il punto di partenza di ogni cammino evolutivo è l’osservazione della situazione attuale. Il rivolgersi alle tecniche senza una presa di coscienza della propria condizione potrebbe essere segno di rigidità di carattere e di rifiuto di confrontarsi con la propria situazione e con i propri problemi.
Le tecniche rappresentano tutto ciò che c’è fra l’osservazione e l’obiettivo finale. Il fermarsi per qualche momento di osservazione all’inizio della pratica e durante sarà la migliore guida del praticante per capire quali ostacoli sono da rimuovere.
Insistiamo sul fatto che la vera pratica dello Yoga è basata sulla gradualità e sull’assenza di sforzo, (Yoga Sutra 2,42) tenendo presente che anche dalle tecniche più semplici si otterranno grandi benefici e che, modificando il respiro, modifichiamo tutta la nostra personalità e i nostri stati di coscienza, fino ad avvicinarsi agli stati meditativi.



APPARATO RESPIRATORIO

L’atto del respirare è organizzato in modo che i polmoni, normalmente, si gonfiano dalle tredici alle diciotto volte il minuto. L’aria pura, contenente l’ossigeno datore di vita, è aspirata, mentre i gas contenenti l’anidride carbonica che proviene dai tessuti corporei, sono espulsi tramite i canali della respirazione. Il ritmico gonfiarsi dei mantici molli e alveolari dei polmoni è mantenuto dai movimenti della gabbia toracica e del diaframma.
Questi ultimi, a loro volta, sono attivati dagli impulsi trasmessi dal centro cerebrale della respirazione, tramite i nervi, ai muscoli relativi. Quindi, il cervello è l’istigatore per il cui tramite sono regolate le respirazione e le tre funzioni mentali del pensiero della volontà e della coscienza.
Il ciclo della respirazione consiste di tre parti: inalazione, esalazione e ritenzione.
L’inalazione è un’espansione attiva del petto, mediante la quale i polmoni si riempiono d’aria pura. L’esalazione è il normale, passivo ritrarsi della parete elastica del torace, mediante il quale è esalata l’aria “usata” e i polmoni si svuotano. Tuttavia esistono i muscoli espiratori che si attivano quando l'espirazione è più profonda oppure debba avvenire più rapidamente.
La funzione respiratoria mantiene l'equilibrio di acidosi/alcalosi, l'equilibrio idrico e l'equilibrio termico.
Il tasso di alcalinità che il sangue deve avere, perché le funzioni organiche siano regolari ed efficaci è 7,35; fattori ambientali, abitudini fisiche e alimentari, una respirazione insufficiente o carente, modificano facilmente le componenti alcaline e quelle acide del sangue, aumentandone in genere i livelli di acidità, questo fattore ha una notevole importanza sulla produzione o la mancata produzione delle endorfine, gli oppiacei naturali prodotti dal cervello, agendo in particolar modo con un'azione inibitoria sulle dinamiche emozionali. Alla luce di questa informazione è più facile comprendere come utilizzare una tecnica di respirazione ossigenante possa in qualche modo influenzare la sfera emotiva.
 La ritenzione è una pausa al termine di ogni esalazione. Queste tre fasi formano un ciclo di respirazione. La respirazione influisce sul ritmo cardiaco. Durante la ritenzione prolungata del respiro, si osserva un rallentamento del ritmo del cuore, che assicura un maggior riposo del muscolo cardiaco.

La respirazione si può classificare in quattro tipi:
1.     Respirazione alta o clavicolare, quando sono soprattutto i relativi muscoli del collo ad attivare le parti superiori dei polmoni;
2.    Respirazione intercostale o media, quando sono attivate soltanto le parti centrali dei polmoni ;
3.    Respirazione diaframmatica o bassa, quando sono attivate soprattutto le parti inferiori dei polmoni, mentre le parti superiori e centrali rimangono meno attive;
4.    Respirazione completa o yogica, quando i polmoni sono usati al massimo della loro capacità.

Nell’inspirazione completa pranayamica, la contrazione diaframmatica è ritardata fin dopo la contrazione conscia dei muscoli della parete addominale anteriore e laterale. Quei muscoli sono connessi diagonalmente alla gabbia toracica in alto e alla pelvi in basso. Tale azione abbassa e stabilizza il diaframma a forma di cupola che parte dal margine inferiore della gabbia toracica; spinge verso l’alto gli organi addominali accresce la capacità del torace.Ciò prepara il diaframma ad una successiva contrazione della massima portata ed efficienza e nell’azione successiva c’è l’elevazione e l’espansione della parte inferiore della gabbia toracica. Tutto ciò parte dallo stimolo verticale del diaframma, seguita dall’attivazione sequenziale dei muscoli intercostali che portano il più ampio movimento delle coste partendo dal movimento a compasso delle coste fluttuanti per continuare nel movimento a manico di secchio delle singole coste e consentendo l’elevazione e la massima espansione della gabbia toracica, partendo dall’attaccatura alla spina dorsale. Infine, i muscoli intercostali superiori e quelli che connettono le coste superiori, lo sterno e le clavicole al collo e al cranio si contraggono, permettendo il riempimento della parte superiore dei polmoni, allora la cavità toracica già espansa si espande ancora di più, in avanti, verso l’alto e lateralmente.
L’aria inalata attraverso la faringe, la laringe e la trachea, entra ed esce da ogni singolo polmone attraverso il bronco principale che si dirama dalla trachea, ogni bronco ha diverse diramazioni nel polmone, in modo di portare l’aria in passaggi sempre più piccoli, bronchioli e dotti alveolari, fino a terminare in sacchetti d’aria, alveoli, collegati ad una fitta rete di piccolissimi vasi sanguigni. Le pareti degli alveoli e dei capillari sono talmente sottili che i gas possono facilmente passare e avviene lo scambio d’ossigeno e anidride carbonica. Quando si inala l’aria, un quinto della quale è ossigeno, si dissolve una parte nel sangue ma la maggior parte si combina con l’emoglobina per essere trasportato verso i tessuti. Quando il sangue dei capillari raggiunge le varie parti del corpo, libera l’ossigeno; allo stesso tempo il sangue raccoglie l’anidride carbonica prodotta dalle cellule e la riporta agli alveoli, affinché venga espirata.
·         Capacità polmonare totale 5-6000 cc
·         Inspiro normale 500 cc di cui 150cc si ferma nelle alte vie respiratorie
·         Aria che rimane nei polmoni per evitare il collasso delle pareti polmonari: 1500 cc
Tra le funzioni vegetative o autonome – digestione, circolazione, ecc. – la respirazione è l’unica che può essere controllata volontariamente. C’è da tener presente, inoltre, che il respiro cambia in funzione degli stati d’animo, dell’attività, dello stato di salute, e di molti altri fattori che interessano la nostra persona; dipende anche dal sesso, dall’età, dalla posizione abituale o temporanea del corpo come pure dallo stato di calma o di agitazione della mente.
Il corpo possiede una tendenza innata al ritorno allo stato di equilibrio e sa benissimo come e in che modo respirare in funzione delle sue necessità.
Questa capacità di recupero si evidenzia in tutti quegli stati in cui si ha un’alterazione della normale respirazione; alterazione che si manifesta nella localizzazione, nel ritmo, nella frequenza.
In queste condizioni l’intelligenza del corpo utilizza lo sbadiglio per forzare una inspirazione che dà nuova energia ed il sospiro per forzare una espirazione che rilassa,
Per ritrovare una respirazione naturale bisogna innanzitutto prendere coscienza dell’atto respiratorio ed adoperarsi per riportarlo alla condizione normale.
Impariamo ad osservarci in vari momenti della giornata: durante lo studio, nel riposo, durante uno sforzo, mentre parliamo, mentre guidiamo, e noteremo le variazioni del ritmo, dell’ampiezza e della localizzazione del respiro.
Di seguito nell’osservazione del respiro, parleremo di respirazione “diaframmatica”, “toracica”, “subclavicolare”, solo per comodità di trattazione perché dobbiamo tener presente che la respirazione è soltanto una e avviene nei polmoni con l’aiuto dei muscoli addominali, del diaframma e del torace che variano le dimensioni della gabbia toracica.

  Per respirare correttamente durante il pranayama, occorre conoscere qualche particolare del nostro naso, questo organo della respirazione così sottostimato!
Il naso riscalda,umidifica e filtra e sterilizza l’aria inspirata.
La corrente d’aria che penetra nel nostro naso si suddivide, in ciascuna narice, in tre corridoi. Nella regione olfattiva, situata nella sommità del duomo nasale, l’aria inverte la direzione del suo flusso e viene così a contatto con le zone capaci di percepire gli odori. Nella respirazione normale, solo una minima parte del volume dell’aria inspirato va a sfiorare la zona olfattiva.
I profumi arrivano ai filamenti del Bulbo Olfattorio per
- via diretta
- via retro nasale
I filamenti sono "fili elettrici" che penzolano dalla base cranica attraverso buchi (placca cribrosa) nello spazio dei turbinati superiori del naso.
A contatto con le molecole odorose ricevono "scosse" che arrivano al centro del cervello (amigdala - ipotalamo)
Il cervello calcola e "cataloga" le scosse e noi le chiamiamo...pomodoro, caffè, fragola ecc.
Quando abbiamo il "raffreddore" non sentiamo più i "sapori" perché in realtà  sono "odori". Dire retrogusto" è errato:retro olfatto è corretto.
Con la volontà, è possibile dirigere consciamente l’aria verso le zone olfattive per fissare il massimo del prana e accrescere l’efficacia degli esercizi, immaginiamo di odorare un fiore profumato e automaticamente il flusso d’aria è rallentato e diretto verso questa zona ultrasensibile che stimola direttamente il cervello più antico, quello viscerale; per via riflessa stimoliamo organi quali il cuore, i vasi sanguigni, la vescica, l’intestino, la cistifellea, la pupilla ecc. mediante altre connessioni, influenziamo l’ipofisi e, in questo modo, per via ormonale, tutto il sistema endocrino. È un incrocio fondamentale della comunicazione energetica tra il mondo interno e quello esterno, con il controllo del respiro che entra ed esce dal naso è possibile regolare i meccanismi fisici interiori e controllare tutte le attività praniche e mentali. Questo centro regola anche le nostre reazioni emotive verso l’ambiente esterno. Il senso dell’olfatto funziona ad un livello non verbale e subliminale. Quando viene attivato da un odore chimico, degli impulsi vengono inviati ai nervi olfattivi e al rinencefalo, il centro che stimola le risposte istintive di paura, aggressione, dolore e in particolare del comportamento sessuale.

  Naso: Le fosse nasali sono due cavità separate dal setto nasale che comunicano con l'esterno attraverso le narici e posteriormente con la faringe attraverso le coane. La struttura delle fosse nasali è complicata per la presenza di lamine ossee, i cornetti nasali che dividono la cavità in 3 condotti: meato superiore, meato medio e meato inferiore. La loro funzione è di allungare il percorso dell'aria permettendone la pulizia, il riscaldamento e l'umidificazione. Le fosse nasali sono rivestite di mucosa che ha funzione olfattiva superiormente e funzione respiratoria inferiormente.
Percorso dell'aria: narice => vestibolo => meati inferiori, medi, superiori => coane
.

  Seni paranasali: Sono cavità vuote rivestite di epitelio respiratorio. Si suddividono in 2 seni mascellari, 2 seni frontali e vari seni etmoidali, sfenoidali, ect. Sono in comunicazione con le coane attraverso dei canalicoli coi quali si ha il ricambio di aria. Servono inoltre alla risonanza della voce e ad alleggerire la partefacciale del cranio.



METODO BUTEYKO

Più si respira e meno si ossigenano le cellule. Sembra un paradosso, ma il nostro organismo funziona così! É esattamente così!
Per garantire l'ottimale apporto di Ossigeno alle nostre cellule, è necessario "respirare meno".
Infatti l'iperventilazione (respirare più aria di quanto sia necessario, determinato in 6 L/min. secondo l'Organizzazione Mondiale per la Salute) ha come effetto immediato una eccessiva eliminazione di Anidride Carbonica (CO2) dagli alveoli e quindi dai tessuti e dalle cellule.
La carenza di CO2 nei tessuti non consente all'emoglobina di rilasciare l'Ossigeno che trasporta (effetto Werigo-Bohr), così importante per il ciclo vitale delle cellule.
La conseguenza di questa condizione è che noi abbiamo tanto Ossigeno negli alveoli e nel sangue, ma poco Ossigeno nelle cellule! E continuiamo a respirare sempre di più perché la carenza di Ossigeno nelle cellule stimola i muscoli respiratori. 
Il Metodo Buteyko interviene spezzando il circolo vizioso, e diminuendo la ventilazione polmonare riusciamo a trattenere una maggiore quantità di CO2. Ciò favorisce un rapido aumento della cessione di Ossigeno alle cellule.
La sensazione di benessere che ne deriva è immediata e, aspetto da non trascurare, se l'applicazione del Metodo viene fatto in modo corretto, è irreversibile! 
Le 5 regole base per la corretta applicazione del Metodo di respiro Buteyko sono semplici ed alla portata di chiunque:
  1. Respirare solo e sempre utilizzando il naso e tenendo la bocca chiusa.
  2. Evitare di respirare a fondo, velocemente e rumorosamente.
  3. Cercare di mantenere un respiro leggero e silenzioso.
  4. Evitare di arrivare alle condizioni di AFFANNO respiratorio.
  5. Dormire coricati sul lato sinistro e mantenere la bocca chiusa durante il sonno.
Queste elementari regole, se abitualmente e correttamente applicate, permettono di ridurre sensibilmente l'iperventilazione respiratoria ed ottenere da subito i benefici che ne conseguono.
La respirazione orale non garantisce attività analoghe a quelle della respirazione nasale ed è un meccanismo di emergenza, peraltro indispensabile, quando la via nasale è ostruita (S. Fiocca)
La bocca è una parte anatomica multifunzionale
Con essa possiamo:
mangiare bere parlare ridere soffiare baciare
ma non è adatta alla funzione respiratoria in quanto non possiede le caratteristiche anatomiche e funzionali proprie del naso.
Quando l'aria passa attraverso la bocca arriva nei bronchi e negli alveoli senza essere stata in nessun modo ripulita, umidificata, riscaldata e disinfettata.
Inoltre data l'ampiezza delle dimensioni degli spazi in cui transita, la quantità di aria che passa ad ogni inalazione è talmente grande che determina sicuramente una iperventilazione alveolare, con tutte le conseguenze negative che ne conseguono.
Il naso è la parte dei polmoni che possiamo toccare con le dita (I. L. Lichtenstein)
L'organismo umano possiede un unico organo respiratorio esterno:Il naso
Il naso, grazie alla sua specifica conformazione, non permette il passaggio di una eccessiva quantità di aria e di fatto riduce l'iperventilazione.
Entrando dal naso l'aria atmosferica, prima di passare attraverso laringe, faringe, trachea e giungere nei bronchi e negli alveoli viene:
  1. filtrata e depurata dalle polveri e particelle in sospensione, che possono essere irritanti
  2. portata alla giusta temperatura
  3. portata al corretto grado di umidità
  4. adeguatamente sterilizzata
Anche l'espirazione deve essere eseguita attraverso il naso.
L'aria in uscita arriva dai polmoni ricca di vapore acqueo. Le mucose nasali si riprendono quell'acqua e la rimettono a disposizione dell'organismo.
Espirare col naso rallenta la disidratazione delle cellule.
Grandi e profondi respiri
L'uomo è l'unico esemplare biologico presente sulla terra che non ha sviluppato un senso corretto di respirazione (Breyer & Gering)
Deve essere definitivamente sfatato il mito che il respiro deve essere grande, ampio e profondo, ed eseguito con la bocca.
Nessuna evidenza fisiologica, medica e scientifica confermano questa tesi.
Anzi! L'unico effetto che questo tipo di respiro crea è una condizione di iperventilazione, che eliminando troppo velocemente la CO2 organica e alveolare, inibisce il rilascio dell'ossigeno da parte dell'emoglobina causando una condizione di ipossia cellulare, con tutte le conseguenze sulla salute che ne derivano.
Tutte le persone che evidenziano malattie più o meno gravi, respirano in maniera eccessiva.
Tutte le pratiche che prevedono cicli di iperventilazione volontaria devono essere eseguite sempre con molta cautela e mai in maniera assidua e continuativa.
I danni che derivano da una abitudine iperventilatoria si manifestano abbastanza velocemente nelle forme lievi e si mantengono indefinitamente in maniera quasi impercettibile, ma possono diventare gravi, croniche e a volte invalidanti, improvvisamente e senza preavvisi.
Il respiro leggero ed impercettibile
Una persona non la si dovrebbe mai, né vedere né sentire respirare (K. P. Buteyko)
Per il mantenimento del corretto equilibrio dei gas organici (O2 e CO2) è necessario diminuire l'attività ventilatoria polmonare.
Tutti gli studi e le ricerche confermano che il respiro equilibrato consente il mantenimento dei corretti valori percentuali dei gas organici (O2 e CO2) e favorisce la migliore disponibilità di ossigeno alle cellule garantendone i loro corretti cicli vitali.
Il volume respiratorio corrente salutare è compreso tra i 350 ed i 500 cc. di aria.
Nel corso degli ultimi 80 anni il volume respiratorio dell'uomo è mediamente raddoppiato (dati rilevati dall'analisi degli esami spirometrici) senza alcuna ragione fisiologica, ma riconducibile al cambiamento delle abitudini di vita.
Questo ha portato ad un fenomeno di iperventilazione generalizzato e pandemico con l'aumento vertiginoso di malattie respiratorie come l'asma e BPCO (Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva 3°causa di morte).
Un asmatico respira mediamente un volume di aria pari a 3 - 4 o anche 5 volte maggiore del volume corrente salutare. La riduzione di questi volumi porta alla diminuzione, fino alla sparizione, dei sintomi di asma.
L'affanno respiratorio è una condizione di grave criticità per il nostro organismo.
Più una persona è iperventilante, maggiore sarà la velocità con cui arriva alla condizione di affanno.
Nell'affanno respiratorio i polmoni ed il cuore subiscono una condizione di stress da sovreccitazione ed affaticamento importante, con tutti i rischi che ciò comporta.
Il ritorno alla normalizzazione respiratoria e cardiaca dopo un fenomeno di affanno può durare alcuni minuti, mentre lo stress organico permane per qualche tempo.
Per queste ragioni è meglio evitare l'instaurarsi di questa condizione respiratoria, mantenendo lo sforzo nei limiti pre/affanno, o rallentando e al limite fermandosi appena se ne sente l'arrivo.
L'applicazione del Metodo Buteyko permette di allontanare di molto il momento dell'affanno durante uno sforzo, e con opportuni esercizi, permette il ritorno alla normalizzazione in poche decine di secondi evitandone l'insorgenza.
Mentre dormiamo il nostro cervello è nel picco massimo della sua attività lavorativa e quindi del consumo di ossigeno.
Durante questa fase necessità di una enorme quantità di ossigeno per poter avere a disposizione tutte le calorie che gli servono per il suo funzionamento.
La concentrazione media dei gas nel cervello è:
Ossigeno 2 %Anidride Carbonica 7 %
Per poter avere a disposizione una elevata quantità di Ossigeno, nelle cellule del cervello è necessario sia presente una concentrazione di Anidride Carbonica più di 3 volte maggiore a quella dell'Ossigeno.
Dormire con la bocca aperta provoca una veloce dispersione della CO2 fisiologica, diminuendo la disponibilità di Ossigeno alle cellule cerebrali.
Studi clinici stimano che l'85 % delle patologie pediatriche abbiano origine da una iperventilazione orale notturna dei bambini.
Dormire con la bocca aperta durante il sonno favorisce l'iperventilazione, causa disidratazione e permette l'ingresso nel cavo orale e nei bronchi, di germi, virus e batteri che trovano un ambiente adatto per la loro collocazione e proliferazione.
La maggior parte delle morti per infarto e per attacco grave di asma avviene tra le 4 e le 6 del mattino, dopo qualche ora di iperventilazione notturna intensa.
Per essere sicuri di avere la bocca chiusa durante il sonno, mettersi un cerotto sulle labbra è la più facile, economica ed efficace delle soluzioni. (Consultate un istruttore per verificare la mancanza di controindicazioni)
Per migliorare la qualità del sonno, è inoltre preferibile dormire coricati sul lato sinistro, avendo l'accortezza di posizionare un cuscino abbastanza alto che permetta di mantenere la testa e le vertebre cervicali in asse con la colonna vertebrale.



GLI OSTACOLI AD UNA CORRETTA RESPIRAZIONE

Il buon funzionamento dell’apparato respiratorio, come abbiamo detto, può essere ostacolato da diversi fattori. Lo stato della colonna vertebrale è importantissimo per una corretta respirazione: l’accentuarsi delle curvature fisiologiche (la lordosi cervicale e la lordosi lombare; la cifosi toracica e la cifosi sacrale) della colonna provoca gravi difficoltà, impedendo un respiro completo, e una scoliosi molto pronunciata può atrofizzare l’attività di uno dei due polmoni. L’attenuazione di questi problemi, se sono presenti, e l’allineamento della colonna vertebrale devono essere la prima preoccupazione del praticante.
Il respiro può anche trovare ostacoli di tipo meccanico, come occlusioni o riduzioni della portata dell’apparato respiratorio; essi possono essere occasionali, come nel caso della presenza di muco, o permanenti, come nel caso di deviazioni del setto nasale.
È inoltre da notare che il respirare prevalentemente da una sola narice è causa di squilibri.
Lo Yoga offre molte tecniche preziose per eliminare o attenuare i problemi che abbiamo descritto.
Come abbiamo detto, il respiro riflette momento per momento il nostro stato psicofisico ed è l’espressione immediata delle nostre emozioni. Ogni genere di tensione si traduce in una tensione sul piano fisico, cioè provoca una contrazione muscolare. se i momenti di tensione sono frequenti e prolungati, può diventare difficile abbandonare la contrazione, anzi, si può instaurare un’abitudine a una contrazione prolungata; essa, a sua volta, rafforza nella mente lo stato di tensione. così i muscoli interessati alla funzione respiratoria non arrivano a uno stato di rilassamento, ma lavorano in uno stato di parziale blocco. Si tratta di un turbamento di alternanza fra sforzo e recupero, che è essenziale per la nostra salute: il respiro diventa allora superficiale o localizzato soltanto in certe parti dell’apparato respiratorio, o assume un ritmo inadeguato. Prima di affrontare le tecniche di pranayama vero e proprio è necessario rimediare a questa situazione.




TECNICHE DI PULIZIA

Sono previste varie tecniche per liberare le narici: con le mani sotto le ascelle, premere con il pollice nella fossetta sotto l’articolazione della spalla; coricarsi su di un lato per sbloccare la narice opposta; premere con il pollice sulle cervicali alla base del collo. È importante mantenere libere le vie aeree interne con una vita sana e curando l’alimentazione evitando i cibi che producono molto muco intasando le vie respiratorie (latticini, formaggi e simili).



DEFINIZIONE DI PRANA


La parola prana deriva dalla composizione di pra, “autoesistenza, esistenza antecedente, prima di”, e anu, “cellule, conglomerati, unità, cibo”; pertanto prana indica ciò che esisteva  prima che ogni cosa fosse creata e che è presente in tutte le cose che sono manifeste o create. E’ difficile spiegare il Prana, solitamente è tradotto come respiro, ma questo è l’aspetto grossolano è la manifestazione esterna del prana. Dice Swami Sivananda: “Prana è la somma di tutte le energie che si manifestano nell’universo”. E’ energia fisica, mentale, intellettuale, sessuale, spirituale e cosmica. Anche tutte le energie fisiche come luce, calore, gravità, magnetismo ed elettricità sono prana. E’ l’energia nascosta o potenziale esistente in tutti gli esseri. E’ l’energia che crea, protegge e distrugge.




DEFINIZIONE DI PRANAYAMA

Può essere tradotto dividendo il termine in yama (controllo, disciplina), o ayama (regolazione, espansione, prolungamento tutti significati di “ayama”) e in ogni modo tutti calzano perfettamente per definire la scienza del pranayama.
Pranayama è una scienza esatta. “La regolazione del respiro o il controllo del prana è l’interruzione dell’inalazione ed esalazione, che segue la perfetta padronanza e controllo della posizione seduta.”. Questa è la definizione di pranayama data da Patanjali nei suoi Y.S. 2.49.
“Come un orafo toglie le impurità dell’oro, dopo averlo scaldato in una fornace, soffiando in una cannula, così lo yogi rimuove le impurità del corpo e dei sensi “soffiando” nei polmoni”, in altre parole praticando il pranayama (Sivananda).
PRANAYAMA, quindi, è un prolungamento cosciente dell’inalazione, della ritenzione e dell’esalazione del respiro. L’inalazione è l’atto di ricevere l’energia primordiale sotto forma di respiro, e la ritenzione si ha quando il respiro viene trattenuto alla scopo di assaporare tale energia. Nell’esalazione tutti i pensieri e le emozioni si svuotano con il respiro: allora, quando i polmoni sono vuoti, si rende l’energia individuale, l’io”, all’energia primordiale, “Atma”.
Il pranayama è un’arte e ha tecniche per far sì che gli organi respiratori si muovano e si espandono intenzionalmente, ritmicamente e intensivamente. Consiste di un lungo, protratto flusso sottile di inalazione (puraka), esalazione (rechaka) e ritenzione del respiro (kumbhaka). Puraka stimola l’organismo; rechaka espelle l’aria viziata e le tossine; kumbhaka distribuisce l’energia in tutto il corpo.
“Dio soffiò nell’uomo il respiro della vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Genesi, 2.7). Adesso è nostro compito, come individui in evoluzione, proteggere e nutrire quel respiro quale nostro tesoro spirituale. Dobbiamo renderlo profondo, prolungarlo, controllarlo, espanderlo e diventare consapevoli di esso e della potenzialità di unirci alla nostra natura più alta. Questo è il vero pranayama, l’antica scienza spirituale del controllo vitale. (Swami Gitananda Giri)



EFFETTI E BENEFICI DEL PRANAYAMA

Questa respirazione disciplinata aiuta la mente a concentrarsi e permette al praticante di ottenere buona salute e longevità. Grazie all’abbondante assorbimento d’ossigeno che si realizza nell’organismo del praticante, avvengono sottili cambiamenti. La pratica delle asana rimuove gli ostacoli che impediscono il flusso di prana e la pratica del pranayama regola tale afflusso attraverso il corpo.
La pratica del pranayama accresce la capacità dei polmoni e permette di realizzare la ventilazione ottimale, questo migliora automaticamente l’apparato circolatorio; senza tale miglioramento soffrirebbero i processi della digestione e dell’eliminazione, si accumulerebbero le tossine, le malattie si diffonderebbero in tutto il corpo e la salute sarebbe compromessa. Attraverso l’apparato respiratorio, noi purifichiamo il corpo, la mente e l’intelletto.
Un punto molto importante è l'effetto del pranayama sulla circolazione epiù particolarmente sulla circolazione intracerebrale, infatti la respirazione modifica il volume del cervello!
Ognuno si rappresenta in maniera più o meno perfetta il cervello, ma in genere si immagina che, racchiuso nel cranio, esso rimanga immobile come una noce nel suo guscio, ma è una noce che palpita e si muove! Durante l’inspirazione, il cervello diminuisce il volume; all’inverso, durante l’espirazione il cervello aumenta il volume. L’ampiezza del movimento è proporzionale a quella dei movimenti respiratori. Questo movimento è leggermente percepibile nelle tempie. Esattamente come in una spugna, di volta in volta compressa e poi rilassata, questo movimento influenza la circolazione dei fluidi nel cervello in primo luogo del sangue e se si pensa che il cervello è il maggiore consumatore d’ossigeno, si capirà subito l’importanza del pranayama e di tecniche come il kapalabhati e il bhastrika!





PROGRESSIONE NELLA PRATICA

Proponiamo il seguente schema di lavoro per un progressivo miglioramento della respirazione, sia spontanea che controllata, e per l’apprendimento delle tecniche:

  1. Osservazione del respiro spontaneo;
  2. Liberazione ed espansione del respiro spontaneo nelle varie zone;
  3. Apprendimento di un respiro lento, calmo e profondo, ma non forzato;
  4. Stabilizzazione del ritmo;
  5. Controllo della direzione del respiro;
  6. Controllo della parete addominale;
  7. Tecniche di pranayama senza ritenzione volontaria;
  8. Tecniche di pranayama con ritenzione volontaria.

Come prerequisito alla pratica è raccomandato di praticare regolarmente le tecniche Yoga che permettono di ottenere i seguenti scopi:

1)    Migliorare lo stato della colonna vertebrale;
2)   Ottenere una posizione seduta molto stabile, comoda ed eretta, ma non rigida;
3)   Attenuare le tensioni e favorire un atteggiamento calmo e sereno;
4)   Liberare le narici dal muco.

Ciò non significa che sia necessario imparare asana acrobatiche e complicate: spesso le tecniche più utili sono le più semplici, mentre quelle troppo complesse possono favorire un certo livelli di ansia, almeno inizialmente: il punto fondamentale è la regolarità.
La posizione seduta eretta è indispensabile per evitare di contrarre l’addome e chiudere le spalle; se ci sono troppe difficoltà iniziali si possono eseguire le pratiche inizialmente seduti su una sedia, avendo cura di non appoggiarsi allo schienale, di tenere le gambe ad angolo retto coi piedi ben appoggiati a terra e di abbandonare le mani sulle gambe.




PRECAUZIONI

Le controindicazioni riguardano soprattutto la ritenzione a polmoni pieni e sono: persone con patologie dichiarate, donne incinte, problemi psicologici, gravi problemi cardiaci e dell’apparato respiratorio, mentre per la ritenzione a polmoni vuoti non ci sono grosse controindicazioni se breve, è da osservare come è l’unico momento di completo relax di tutti i muscoli.



QUANDO E DOVE PRATICARE

Per praticare il pranayama, nei testi classici sono consigliate le prime ore della mattina (Brahma murti), quando il sole sta per sorgere e comunque essere a digiuno almeno da due ore, soprattutto se si fanno esercizi dove sono previste delle ritenzioni. Il luogo scelto per la pratica deve essere ben arieggiato o all’aperto.





ASANA PER PRANAYAMA

La posizione ideale per la respirazione è la posizione seduta a gambe incrociate, PADMASANA O LOTO posizione simbolo dello yoga, perché sono presenti tutte le condizioni che ci permettono di svolgere il lavoro muscolare con unminimo dispendio d’energia: gli organi addominali e le viscere sulle quali il diaframma deve prendere appoggio si posizionano nella maniera ideale. Non solo, in questa posizione con le spalle aperte, anche il torace e i muscoli che lo controllano, lavorano meglio. Lo stesso vale per i muscoli della parte alta che devono essere supportati dall’estensione della muscolatura del collo, ottenuta mediante l’avvicinamento del mento allo sterno. Se il mento è troppo spostato in avanti, i muscoli elevatori del collo della gabbia toracica e in particolar modo delle clavicole, non hanno un punto di ancoraggio fermo.
SIDDHASANA (posizione perfetta: tallone sx sull’ano, tallone dx sulla radice dei genitali, caviglie in contatto) SVASTIKASANA (posizione fortunata: qualsiasi posizione comoda con la schiena diritta, piegare la gamba sx il piede vicino la coscia dx, ugualmente piegare la gamba dx e spingere il piede tra la coscia e il polpaccio. – VAJRASANA posizione sulle ginocchia – ANANDA MADIRASANA Vajrasana con le mani sui talloni – BHADRASANA da vajrasana separare ginocchi e piedi e sedere con i glutei sul pavimento – SUKHASANA posizione facile, usare cinta o telo per sostenersi.


CORPO PRANICO

Le nadi sono percorsi energetici che attraversano tutto il corpo, il termine nad vuol dire fluire, le nadi oltrepassano i confini del corpo fisico, poiché il prana permea l’intero corpo (L’uomo è formato da più involucri, kosha, tra cui il pranamayakosha che è esterna al corpo fisico, annamayakosha), non solo il corpo fisico. La circolazione pranica può essere bloccata da contrazioni muscolari, rigidità articolari, tensioni mentali, emotività non controllata ecc. per togliere questi blocchi bisogna lavorare con gli asana. Dopodichè dobbiamo purificare il corpo dalle tossine e questo si ottiene con gli shat-karma, che sono: dhauti (lavaggi interni), basti (clisteri), neti (cavità nasali), nauli (contrazione alternata dei retti), trataka (provocare la lacrimazione), kapalabhati.
In tutti i testi ci viene suggerita una tecnica ideale: NadiSodhana di riequilibrio delle due nadi principali. Nei testi si parla di un gran numero di nadi, ma le più importanti sono tre: Ida, Pingala e Sushmna. Tutte le nadi hanno origine da un bulbo a forma di uovo chiamato kanda (anche questo può variare secondo i testi), la sushmna, la più importante delle tre, partendo da questo punto, passa nel canale centrale della colonna terminando nella sommità della testa. Ida e Pingala salgono sempre lungo la colonna ma con un movimento a spirale, incrociandosi in ogni chakra principale e terminando appunto nelle narici: Ida nella narice sinistra, Pingala nella narice destra.
Ida è rappresentata da chandra (luna), Pingala dal sole (surya), Ida rappresenta l’energia femminile e stimola la parte destra del cervello che presiede la nostra parte intuitiva, elabora le informazioni, controlla l’orientamento nello spazio, controlla le percezioni psichiche ed extrasensoriali e stimola le capacità creative. Pingala è l’energia maschile e stimola la parte sinistra più razionale, analitica e matematica.
Secondo i testi tantrici, scopo del pranayama è destare l’energia latente chiamata kundalini, che sta alla base della colonna vertebrale nel muladhara chakra. L’energia così destata è fatta salire lunga la sushumna fino a raggiungere il cakra della corona, il sahasrara unendosi finalmente con l’”Atma”, l’anima suprema. L’effetto o frutto del pranayama è quindi il risveglio della kundalini, ed arrivare al kevala kumbhaka. 




CONSAPEVOLEZZA DEL RESPIRO



Prendere coscienza del respiro spontaneo con l’aiuto delle mani posizionate sul tronco, paragonando il movimento per la sua intensità, ritmo, frequenza e lateralità.
Dopo do ciò avrete una certa quantità di informazioni sul vostro respiro spontaneo e potete effettuare una prima valutazione sul suo grado di scioltezza e sugli eventuali ostacoli. Non c’è ragione perché l’apparato respiratorio non si debba espandere in tutte le direzioni inspirando, e voi potete osservare se questo è avvenuto o no, e eventualmente se per caso in certi punti c’era tendenza a una ritrazione verso l’interno, mentre altri si espandevano. L’osservazione è il punto di partenza di ogni evoluzione.
Può essere interessante ripetere questa pratica in diverse posizioni sedute, ad esempio a gambe incrociate o sui talloni. Dopo una certa pratica quando si è sviluppato un certo livello di consapevolezza , la stessa osservazione si può fare senza l’aiuto delle mani.
È anche interessante osservare se dopo questa pratica il nostro stato d’animo è cambiato, se la nostra componente mentale è stata beneficamente influenzata da questo processo di consapevolezza.




PRANAYAMA CLASSICI:

Si praticano otto tipi di respirazione di cui i primi tre sono i più importanti per gli studenti di yoga:

1.     UJJAYI (vittorioso)
2.    SURYA BHEDANA (Perforazione del sole)
3.    BHASTRIKA (Mantice)
4.    SITALI (Rinfrescante)
5.    SITKARI
6.    BHRAMARI (Ape)
7.    MURCHA (Deliquio)
8.    PLAVINI (Galleggiante)

UJJAYITecnica: Bloccare parzialmente la glottide, frenando il passaggio dell’aria. Contrarre i muscoli del collo, vicino all’inserzione delle clavicole, la frizione dell’aria così frenata genera un suono sordo e continuo come quando si russa. Inspirare e al termine trattenere per 2” chiudendo la glottide, poi espirare (opzionale: attraverso la narice sinistra) e bloccare il respiro per 2”.
             Effetti: Assorbe completamente il mentale, destando le energie praniche e psichiche. Inoltre è un esercizio meraviglioso per il cuore.
       Precauzioni: Se fatto con lunghe ritenzioni è sconsigliato ai cardiopatici e chi ha affezioni polmonari.

SURYA BHEDANA Tecnica: Inspirare dalla narice destra, trattenere effettuando JalandharaBhanda, quando si è quasi alla fine della ritenzione fare uddhyana e mula bhanda per pochi secondi, poi sciogliere i bhanda ed espirare dalla narice sinistra, praticandolo in modo intenso, è sufficiente una serie di 5 al massimo. Il suo simmetrico è il chandrabhedana (perforazione della luna) in cui si inverte il ciclo respiratorio
                             Effetti: Costituisce un tonico generale per il corpo, rinforza la vitalità e il tono psichico.
                         Precauzioni: Non va praticato prima di andare al letto, meglio la mattina, e mai subito dopo un pasto.

BHASTRIKA Tecnica: Inspiro ed espiro in rapida successione coinvolgendo l’intero sistema respiratorio, addome e torace, con la cintura addominale controllata, fino ad un massimo di 60 raffiche al minuto, ritenzione dopo una lunga inspirazione. Prima di respirare, inspirare qualche cc di aria.
                     Effetti: Nel pranayama è un esercizio fondamentale che ha profonde ripercussioni sull’organismo.
          Precauzioni: Liberare le vie respiratorie, praticare Jalandharabhanda e tutte le precauzioni consuete.

SITALI/SITKARI Tecnica: L’inspirazione è attraverso la bocca nel primo la lingua sporge ripiegata come un beccuccio, nel secondo si emette il suono sit, espirando dalla bocca.
                           Effetti: Rinfrescare il corpo, dopo dei pranayama riscaldanti, in giornate calde o durante dei stati febbrili e si dice anche per combattere la sete.
                      Precauzioni: Se prolungate possono provocare angine e risvegliare bronchiti.

BHRAMARI Tecnica: Durante l’esalazione si emette un mormorio sommesso come il ronzio di un calabrone, può essere effettuato eseguendo la sanmukhi mudra poiché qui non vi è ritenzione del respiro.
                   Effetti: Induce uno stato di rilassamento ed è utile a coloro che soffrono d’insonnia. Favorisce la concentrazione.

MURCHHA Tecnica: In questo pranayama la ritenzione interna si prolunga fino a quando ci si sente svenire. Nell’ H. P. lo Jalandharabandha si attua sia nella ritenzione che durante l’espirazione producendo una sensazione di piacevole stordimento.
                   Effetti: Rende la mente inattiva e apporta la tranquillità dei sensi.
            Precauzioni: Adatto per praticanti molto avanzati è poco usato.

PLAVINITecnica:  Aiuta a galleggiare facilmente sull’acqua riempiendo lo stomaco o il torace (ci sono più variazione nella traduzione) di aria, anche questo è in disuso.








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